SPIRITO di VINO - Gennaio / Febbraio 2025

Verso l’infinito

Una festa epicurea tra grandi vini, teologia e filosofia: in questo speciale contesto è stata presentata la prima verticale di Castello di Solomeo

N on stupisce, tra avveniristici saltimbanchi e tram poliere in guêpière e luci a led, che l’evento culminante della prima edizione italiana de La Paulée (la festa borgognona di fine vendemmia) ospitata da Brunello Cucinelli sia caduta proprio in una notte di luna piena. E che luna è questa che sale, stasera, dietro al Teatro Cucinelli. Una luna superba e timida al con tempo che, sorniona, suggella l’iscrizione sulla facciata come a sottolineare che tutto è prescienza nell’uomo illuminato. Leg giamola: «Nell’amata Solomeo Brunello Cucinelli volle questo teatro dell’uomo a cospetto di quello della natura per ricordare in ogni tempo i valori eterni della bellezza e del sogno. A.D. MMVIII». Ebbene, che teatro dell’uomo e teatro della natura si combinino fino a confondersi nel vino di ogni epoca è cosa assai nota per il bevitore edotto, meno scontato, forse, il fatto che a dimostrarlo, Brunello, abbia chiamato figure di assoluto spessore, provenienti da diversi ambiti dello scibile umano. Empiricamente ci sono i produttori: da Bordeaux, una vertica le di Château d’Yquem e Saskia de Rothschild in persona con gli ultimi e più contemporanei esponenti di Château Lafite Rothschild e Domaine Lafite-Rothschild; dalla Borgogna, i mi nuziosi Volnay di Guillaume d’Angerville e i gloriosi Chevalier Montrachet e Corton Charlemagne di Louis Jadot, raccontati dalla viva voce di Pierre-Henry Gagey; poi la Champagne, con la Grande Cuvée 167 di Krug e i bei vintage 2011 e 2004 pre sentati da un vulcanico Olivier Krug, mentre c’era Cristian Rimoldi a narrare Salon 2013 oltre a più annate di Delamotte.

semplicità monastica e brama d’eternità fan parte della stessa umana medaglia purché l’uomo esista con l’unica velleità del «per sempre». Conoscendolo, poi, si capisce che non c’è con traddizione in questa combinazione di umiltà e grandezza, di understatement e megalomania, che sono proprio le forze che animano e agitano dall’interno non solo il suo mondo inte riore ma anche quello esteriore se è vero che Solomeo stessa rappresenta nient’altro che la materializzazione urbanistica di una città ideale simile a quella che già fu teorizzata nel De civitate Dei di Sant’Agostino; e così il suo vino, che dei suoi filati ha la stessa matericità piena eppur aerea, la stessa struttura flautata eppur densa tale da ricordare certi maestosi rapaci, enormi, è vero, ma iperleggeri. Li assaggiamo tutti, i primi quattro anni di Castello di Solomeo, con l’ultima annata, la 2021, in anteprima, che commentiamo alla presenza del suo enologo Riccardo Cotarella. Umbro come lui, Riccardo con Brunello condivide molte cose, la prima e più evidente è forse la capacità di «rendere visibile l’invisibile», come scrivemmo tempo addietro. Così, quando Cucinelli gli chiese di creare «un Sassicaia umbro» che del territorio di Solomeo fosse l’e stensione liquida, Cotarella se ne uscì con l’idea di un blend di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese che di questa regione tanto ambiziosa quanto anche defilata fosse la più esatta sublimazione. Così prende forma il vigneto, progettato come un giardino rinascimentale, messo a dimora fuori dalla cantina che, invero, è anche una libreria. Se ne ricavano non più di 9mila bottiglie l’anno, vendute

Da un punto di vista più speculativo, invece, ecco una rosa di personaggi che il mondo lo cambiano prima di tutto pensandolo, come per esempio padre Cassian Folsom che attua lizza l’«ora et labora» di benedettina memoria con una toccante riflessione sulla dignità, o come Marco Simonit, per cui tutto è partito da un disegno e la cui scuola di potatura è diventata filosofia di gestione, non solo del verde, con la terra a rappresentare un ele mento finalmente futuribile mediante un’ac cademia che troverà sede, pare, proprio in quel di Solomeo. E poi lui, Brunello Cucinelli, e la sua capacità di conciliare imprenditoria e umanesimo, capitalismo e filantropia, mentre

solo tramite Fine+Rare, riferimento mondiale per i collezionisti, e realizzate con lo stesso “amor che move il sole e l’altre stelle” dei vini arrivati qui oggi per gentile intercessione del carismatico fondatore de La Paulée, il som melier Daniel Johnnes. Di che cosa si tratta? Ebbene, se anzitempo La Paulée era la festa di fine vendemmia più antica e importante della Borgogna, oggi, nella sua versione iti nerante e contemporanea, è stata definita dal Financial Times «il più grande baccanale sulla faccia della Terra». Ed è così che la viviamo noi di Spirito diVino , che con lei condividia mo lo squisito gusto di trovarci sempre in perfetto limine tra il sacro e il profano.

Nella pagina a fianco, in alto da sini stra, scene di festa davanti a Teatro Cucinelli e Castello di Solomeo 2018 2021; al centro, una veduta dei vigne ti; in basso, Château d’Yquem 1988, Volnay Premier cru Clos des Ducs 2017 Marquis d’Angerville, Château Cheval Blanc 1986, Château Lafite Rothschild 1988 (doppia magnum), Castello di Solomeo (Mathusalem), Champagne Delamotte Brut Nn, Chevalier-Montrachet Les Demoisel les 2010 (jéroboam) di Louis Jadot, Salon 2013 e Krug Rosé 21ème (ma gnum); uno degli interni del borgo.

SPIRIT O diVINO 20

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