SPIRITO di VINO - Gennaio / Febbraio 2025

www.miabbono.com

Mensile Anno 22 N.134 GENNAIO/FEBBRAIO 2025

POGGIO AI CHIARI La verticale dei 30 anni per il più borgognone dei Sangiovese toscani

COEVO La nuova pelle del rosso di Cecchi che interpreta i cambiamenti del presente

CASTELLO DI SOLOMEO La Paulée celebra i suoi primi 25 anni nel borgo di Brunello Cucinelli

SPIRIT O diVINO

di

BAGLIO DI PIANETTO Grégoire Desforges prende le redini dell’azienda siciliana di famiglia con un progetto imprenditoriale e vitivinicolo volto alla valorizzazione delle contrade di montagna di Santa Cristina Gela

Supplemento al numero 256 di Arbiter

AN INSTANT CONNECTION RISERVA DUCALE ORO

Ci sono momenti che vorresti non finissero mai, intensi e preziosi come l’Oro. Momenti in cui ogni connessione diventa potente ed intensa. Ruffino Riserva Ducale Oro Gran Selezione, il nostro vino icona celebra l’eccellenza italiana. Per i tuoi momenti d’oro.

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GUSTA I NOSTRI VINI RESPONSABILMENTE.

EDITORIALE di Leila Salimbeni U

n numero «italianissimo», vagamente scaramantico, diventato consuetudine da quando Franz Botré mi ha concesso l’onere, ma soprattutto l’onore, della direzione editoriale di Spirito diVino . Sono, difatti, intimamente una conservatrice, e visto che l’anno

s’è chiuso bene e s’è aperto meglio, con tante novità tra cui quella di poter contare su World Wide Excellence come nuova concessio naria di pubblicità, non posso e non voglio esimermi dal reiterare quelle pratiche che tanta parte hanno avuto nella riuscita di questo ultimo anno di Spirito diVino . E così dico grazie all’Italia, a quell’Ita lia che incassa e resiste meglio degli amici d’Oltralpe avendo forse meno abusato del rincaro dei prezzi che ha tentato soprattutto la Champagne nella fase post-pandemica. Grazie, dunque, a chi ha promosso strategie a lungo termine come il giovanissimo Grégoire Desforges, terza generazione alla guida di Baglio di Pianetto. Grazie alla sua freschezza, quindi, e grazie alla completezza e alla profon dità dell’amministratore delegato Dante Bonacina: a loro vanno i nostri migliori auguri nonché un bel brindisi ora che i vini sono tutti firmati da Graziana Grassini. Sempre a lungo, anzi lunghissimo termine, sono le scelte di Colle Santa Mustìola (nella foto), ovvero l’azienda di Fabio Cenni che da trent’anni realizza vini di smisurata profondità e una longevità su cui converrebbe senz’altro investire, oltre che godere, come già facciamo, io in particolare, da quando degusto col senno della ragione (oltre che di poi). E ancora, a pro posito di vini da investimento, solo Brunello Cucinelli poteva portare La Paulée in Italia e, non pago, lo fa nel piccolo borgo incantato, e defilato, di Solomeo dal cui Castello sortisce anche il vino eponimo, ora alla sua terza annata. Ma in questo numero c’è tanta altra Italia, e tutta punta in alto, anzi, altissimo: come Castello del Terriccio, con la superba tavola allestita da Cristiano Tomei al Terraforte, e come Ronchi di Castelluccio, che dalla sua Romagna a un passo dalla Toscana fa dei bei Sangiovese del passato lo spartito su cui intonare la storia del proprio ridente futuro. Un brindisi al 2025, dunque, e a questa nostra grande, grandissima Italia del vino.

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Sommario

14 Alta fedeltà LA VITE DI PADRE IN FIGLIO

32 Peccati di gola FRAMMENTI DI UN’ALTRA TOSCANA 36 Protagonisti di Spirito IL SINGOLARE PLURALE DI POGGIO AI CHIARI

18 Verso l’infinito IL PIÙ GRANDE BACCANALE DELLA TERRA

RUBRICHE 04 Doppia immagine 06 Botte e risposta 07 Mutatis mutandis 08 Patrimoni dell’isola 10 Percezioni liquide 13 Vite da Champagne 42 Camera con vigna

22 Cover story I VIGNETI DEL DESTINO

28 Attualità in bottiglia ESSERE CONTEMPORANEO

SPIRIT O diVINO Anno XXII - n. 134 - Supplemento al n° 256 di Arbiter

di

Direttore responsabile Franz Botré tel. 02.31808921, botre@arbiter.it Direttore editoriale Leila Salimbeni - tel. 02.31808920, salimbeni@spiritodivino.wine Editor at large Marco Tonelli - tel. 02.31808920, tonelli@spiritodivino.wine

Art direction Anna Roberta Zagliani

CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PER LA PUBBLICITÀ

SPIRIT O diVINO è una pubblicazione Phoenix S.r.l. viale Certosa 1 - 20149 Milano tel. 02.31808911

Segreteria di direzione Marta Barbieri

Informativa ai sensi degli art. 13-14 del Reg. 2016/679 La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali, Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle per sone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle per sone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali. Ci teniamo ad informarvi che Phoenix S.r.l. tratta i dati nel pieno rispetto di quanto prescritto nel Regolamento Europeo, informativa completa disponibi le su sito internet www.arbiter.it o a richiesta attraverso la mail phoenixsrlmi@legalmail.it . World Wide Excellence S.r.l. Via della Moscova, 6/8 - 20121 Milano T +39 02 29060342 info@worldwideexcellence.com

Presidente Maurizio Dallocchio

Contributors Stefano Caffarri, Daniele Cernilli, Maurizio Gjivovich, Giampaolo Gravina, Giambattista Marchetto, Marco Marini, Gianluca Montinaro, Leonardo Romanelli

Direttore generale Luca Baldanza

Direzione, redazione, amministrazione: viale Certosa 1 - 20149 Milano info@arbiter.it

Champagne Ambassador Chiara Giovoni

In copertina, Grégoire Desforges di Baglio di Pianetto

Brand Ambassador J.C. Viens

Prestampa Adda Officine Grafiche Spa, via delle Industrie 18, 24040 Filago (Bg)

Staff editoriale Enzo Rizzo (vicedirettore,

tel. 02.31808924, rizzo@arbiter.it ) Valentina Ceriani (caporedattore, tel. 02.31808925, ceriani@arbiter.it ) Alessandro Botré (redattore, tel. 02.31808929, a.botre@arbiter.it )

© Phoenix S.r.l. Tutti i diritti riservati. Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono ed è vietata la riproduzione, seppure parziale, di testi e fotografie.

Stampa Stamperia Artistica Nazionale Spa, via Massimo d’Antona 19, 10028 Trofarello (To)

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La verticale dei primi cinquant’anni di Ronchi di Castelluccio: tutte le premesse, e le promesse, di un grande avvenire

U na verticale elettrizzante, capace di proiettare una luce abbagliante sia sul presente sia sul futuro di Ron chi di Castelluccio. Un luminosissimo passato, dun que, e in riappropriazione, peraltro, dalla nuova pro prietà rappresentata dai virtuosi fratelli Rametta, e che serba sicure promesse per il futuro ora che i terreni e i vigneti (in particolare proprio del Sangiovese) così come le pratiche di cantina (col ritorno al legno piccolo) sono tutti in filologica ristrutturazione: così, dal 1982 ai giorni nostri alcune bottiglie, e un plauso in questo senso va anche al bellissimo restauro conservativo delle etichette provenienti in alcuni casi dal Corpus Aldrovandino conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, brillano particolarmente. Fa trasecolare, per esempio, Ronco dei Ciliegi 1982 col suo nomen omen di ciliegia acerba e caffè nero, e l’acidità croccante e ancora tesa, verticale e fin scalpitante. E poi Ronco Casone 1986, un mortaio di rosa rossa e pepe e un’anima silvestre che, col bel verde rorido, tanto parla di Modigliana e delle sue freschezze balsamiche mentre al palato s’attacca adesivo complice il tannino salato e saporito. La vigna di Ronco Casone, del resto, fu una di quelle follie degli anni

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Doppia immagine

di Leila Salimbeni

QUANDO IL PASSATO È FUTURIBILE

70 che rivelano però, oggi, una certa forse subconscia predittività se raffrontata all’odierno innalzamento delle temperature. Si trat tava, infatti, di una vigna fredda, di una vigna d’ombra esposta a Nord-Ovest e, come tale, aveva bisogno di un clone diverso dagli altri, di certo antitetico a quello di Ronco della Simia che, invece, era tutto sole, complice l’esposizione a est. Ebbene, proprio di Ron co della Simia, vigneto abbandonato con l’avvicendamento tra lo storico enologo Vittorio Fiore e Attilio Pagli nel 1989, si giunge al 1992 quando, col ritorno di Fiore (oggi c’è Francesco Bordini, coa diuvato dal padre, Remigio, che seguiva l’azienda negli anni 70) il vino si fa salatissimo (il che è una costante nei vini di Castelluccio anche se qui c’è una marcia in più) e fin pietroso, ammansito da un profumo subliminale e retrolfattivo, quasi stordente, di fiori. Fiori, insomma, a profusione, e clorofilla caratterizzano i Sangiovese di Ronchi di Castelluccio, e questo sebbene la storia di questo vitigno a queste latitudini risenta ancora dell’ingombrante paragone con la Toscana, che del resto è vicinissima. Qui, però, abita un’antica e personalissima vocazione, la stessa che rende i suoi vini non solo longevi ma anche squisitamente futuribili. (ronchidicastelluccio.com)

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C’È SAUVIGNON E SAUVIGNON

Botte e risposta di Daniele Cernilli

Didier Dagenau, ma anche il Baron de L, sono stati e sono tuttora famosissimi. In Stiria, regione austriaca, pro duttori come Tement, Gross, Polz, hanno proposto dei Sauvignon complessi e sfac cettati, con qualche accen no di sambuco e di ortica. I nsomma, per i grandi esperti questi sarebbero i vini da uve Sauvignon da prendere in considerazio ne. Come vedete, quello che è in discussione è il caratte re un po’ vegetale, erbaceo, con sentori addirittura di pipì di gatto, «pirazinici» e un po’ «mercaptanici», che vengono addirittura consi derati dei veri e propri difet ti, e un segnale di rusticità. Peccato, però, che da un paio di decenni il favore di una considerevole parte del mercato internazionale pri vilegia anche altro. In Nuova Zelanda, a Marlborough in particolare, ci sono dei Sau vignon dai chiari profumi di frutta esotica, con freschezze acide notevoli e talvolta con piccoli residui zuccherini, che hanno conquistato molti consumatori, soprattutto in Gran Bretagna e negli Usa, ma non solo. Su questa cifra stilistica, poi, produttori au straliani, cileni, sudafricani e californiani hanno realizza to prodotti simili. Qualcuno si è anche ispirato a uno stile più bordolese, ma si tratta di casi abbastanza isolati. E da noi? Bene, siamo, come spes so accade, a metà del guado. Ne esistono di tutti i tipi, soprattutto nel Nordest, in Friuli Venezia Giulia, in Ve neto, in Trentino e in Alto Adige, con qualche esempio

anche sui Colli di Parma e in Toscana. Produttori come Venica, Vie di Romans, Vol pe Pasini, Butussi, Tiare, Vil la Russiz, Russiz Superiore, per fare degli esempi, hanno proposto in Friuli interpre tazioni molto interessanti di Sauvignon. Con stili di vinifi cazione diversi. Venica con il Ronco delle Mele, maturato in legno, più bordolese, Vie di Romans più Loire, Butussi con qualche ispirazione neo zelandese. Varietali, ricono scibili, a volte un po’ vegetali, e questo scatena polemiche. S tessa situazione in Alto Adige, con Colterenzio e il suo Lafoa, ma anche The Wine Selection di San Michele Appiano è piuttosto bordolese. Molto Loire Gum phof, soprattutto con il Rei nassance, mentre trovo origi nali e particolarmente felici il Quarz di Terlan e il Mantele di Nals-Margreid. Anche qui ne cito solo alcuni a mo’ di esempio, senza la pretesa di aver esaurito l’argomento. Il punto resta lo stesso. Il Sauvignon è un grande vi tigno dal quale si possono ottenere grandi vini? A mio parere sì. Certo, l’eccesso di note vegetali, soprattutto «piraziniche» che lo fanno riconoscere anche dai non esperti, non sono il massimo dell’eleganza e vanno quanto più possibile gestite in modo intelligente. Ma dare ascolto ai consumatori, che spesso trovano i Sauvignon partico larmente piacevoli è altret tanto importante. Per non far sì che la critica «seria» non si distacchi troppo dal gusto generale e ne risulti, per ciò, sempre più estranea.

Il vitigno di origine bordolese si ritrova in tutto il mondo con carattere e profumi diversi. Di conseguenza viene apprezzato e al tempo stesso criticato per via delle note vegetali. In ogni caso, può dar vita a grandi vini

Ci sono pochi vini amati e odiati, quindi divisivi, come i vari Sauvignon in tutto il mondo. Intanto, vediamo di che cosa si tratta. Il Sauvi gnon Blanc è un vitigno di origine bordolese. Incrocian dosi con il Cabernet Franc ha dato origine al Cabernet Sauvignon, secondo gli studi fatti all’Università di Davies, in California. A Bordeaux, soprattutto nella zona delle Graves e di Entre-Deux-Mers viene vinificato quasi sempre con un pizzico di Sémillon, e spesso fatto maturare per qualche mese in barrique. Ne scaturiscono talvolta vini di ottima struttura, come Domaine de Chevalier,

Haut Brion Blanc, Château Carbonnieux. In questi casi le caratteristiche del vitigno, che, come tutte le varietà «atlantiche» contiene pira zine e ha capacità di forma zione di tioli e di mercaptani in fermentazione, sono più sfumate e meno «vegetali». N elle zone france si di Sancerre e di Pouilly-sur-Loire (da dove proviene il Pouilly Fumé), le note tioliche sono più evidenti e si manifesta no con sentori leggermen te solfurei e solo appena vegetali, il tutto sostenuto da un’ottima acidità. Vini come il Silex del compianto

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LA RIVOLUZIONE DEL PIONIERE

Mutatis mutandis di Franz Botré

Con Martin Foradori Hofstätter tra nuove etichette e i nettari «no alcol», essenze d’uva che abbracciano un cambiamento stilistico e ideologico

I l salotto milanese di Martin Fo radori Hofstätter spegne quattro candeline e ne approfitta per fare il punto sulle evoluzioni che hanno interessato l’azienda e la vitivinicoltura altoatesina tutta. Ne è sor tita una conversazione profonda, tesa tra passato e futuro, la cui acme è coin cisa con la presentazione delle nuove

d’uva ) Steinbock Zero. Proprio lui, infatti, dei vini dealcolati è in Italia la testa d’ariete, difatti il suo Riesling (sia fermo sia spumantizzato) è pe netrato con capillarità nel mercato italiano, in particolare nei circuiti dell’hôtellerie di lusso. Ma ci sono altre sorprese, come il Riesling Kabinett senza alcol, oltre a investimenti che, come s’è visto, valorizzano i terroir più preziosi e vocati dell’Alto Adige: lo dimostrano le due etichette citate Vigna Castel Rechtenthal Gewürztraminer e Barthenau Vigna Herbsthöfl

stato un’unica Uga con una sola varie tà», confessa Martin, «ma chi conosce l’Alto Adige sa che questo non è pos sibile. Il futuro è specializzarsi». E gli assaggi parlano chiaro: Gewürztraminer Castel Rechtenthal 2022 e Vigna Kol benhof 2022 rivelano un cambiamen to stilistico preciso volto a enfatizzare freschezza e tensione, che si fa vibrante nel Pinot nero Barthenau Vigna Herb sthöfl 2020 proveniente dal cuore più alto di Mazzon, a 450 metri sul livello del mare. Perché, in estrema sintesi, per Hofstätter tutto parte dal progetto che, a monte, riguarda la vigna: così anche il vino dealcolato assume un valore, benché in nuce, territoriale; solo così il cambiamento diventa fatto re predittivo in grado di anticipare il mercato, senza farsi guidare da esso.

etichette da singolo vigneto Vigna Castel Rechtenthal Gewürztrami ner e Barthenau Vigna Herbsthöfl Pinot nero, ora identificati anche come Uga (Unità Geografiche Aggiuntive). Questi vini, nella loro iper-localizzazione, sono simboli di una cultura enolo gica che continua a rinnovarsi, e ritrovarsi, nella staffetta del le generazioni. Tra le novità,

infatti, c’è proprio un pas saggio di testimone: Niklas ed Emma, rappresentanti della quinta generazione, prendono ora le redini del la cantina; Martin Foradori Hofstätter, dopo 32 anni di onorato servizio andrà inve ce nella Saar per dedicarsi al progetto pionieristico dei vini senza alcol ( fatico a de finirli così, piuttosto essenza

Pinot nero che segnano un ul teriore passo nella direzione della specializzazione territo riale: «Il mio sogno sarebbe

In alto, i vigneti in autunno di Martin Foradori Hofstätter (a sinistra) a Termeno, in provin cia di Bolzano. Qui a fianco, la nuova etichetta Castel Rechtenthal 2022 (hofstatter.com).

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INNOVAZIONE, RICERCA E SOSTENIBILITÀ, I TRE PILASTRI DEL VINO IN SICILIA

Patrimoni dell’isola di Giambattista Marchetto

S e il principe Salina Giusep pe Tomasi di Lampedusa de Il Gattopardo tornasse oggi nel la sua terra, rimarrebbe stupi to per la capacità di reazione che in diversi ambiti ha portato l’isola continente ad accelerare rispetto alle tendenze conservatrici e in confronto al continente stesso, e ritratterebbe la famosa frase «I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti». Un esempio viene dal mondo vitivinico lo, benedetto da una terra fertile e da una splendida ricchezza ampelografica. Negli ultimi decenni i vini siciliani si stan no affermando come prodotti identitari grazie alla qualità di vitigni autoctoni quali Lucido, Nerello Mascalese, Carri

cante, Grillo e Nero d’Avola. E su questo concetto cruciale, l’identità, il Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia ha concentrato i propri sforzi, affinché in quel mosaico di vitigni tradizionali e con il recupero di vitigni antichi trovasse espressione tutta la qualità del vino siciliano. «La valorizzazione dei vitigni autoctoni», sottolinea il vicepresidente del Consorzio Filippo Paladino, «è prima di tutto una scelta dettata dalla consapevolezza che na sce in vigna. I nostri produttori conoscono profondamente i loro vitigni e sanno che rappresentano un patrimonio inestima bile, frutto di un equilibrio millenario tra terra, cultura e tradizione. Questa consa pevolezza si accompagna all’impegno nei progetti di ricerca, che ci consente di va lorizzare al meglio le varietà e i loro punti

di forza, tra cui la capacità di adattamento al cambiamento climatico».

CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ

Il Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia è focalizzato sulla trasmissione ai consu matori di quel senso di unicità che ca ratterizza le produzioni dell’isola. «È un dialogo continuo tra radici e prospettive future, dove la tradizione s’incontra con il progresso», aggiunge Giuseppe Figlio li, membro del Cda e coordinatore dei Progetti di ricerca del Consorzio. Attualmente il Consorzio concentra i pro pri sforzi in progetti che uniscono ricerca, tutela e comunicazione. Grazie alla col laborazione con l’Assessorato regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale

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I progetti del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia sono concentrati sulle varietà autoctone e sui vitigni antichi per valorizzare il patrimonio storico ed esaltarne la resistenza al cambiamento climatico

CAMPAGNA FINANZIATA CON FONDI PSR SICILIA 2014/2022 - SOTTOMISURA 3.2 SOSTEGNO PER ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE E PROMOZIONE. SVOLTE DA ASSOCIAZIONI DI PRODUTTORI NEL MERCATO INTERNO

e della Pesca mediterranea, l’Università degli Studi di Palermo e l’Irvo (Istituto Regionale del Vino e dell’Olio) stanno svi luppando attività di sicuro interesse per la valorizzazione della biodiversità dell’isola. Uno dei focus è la ricerca sulla cultivar Lucido, base per vini di pregio in diversi areali, mentre al Centro di ricerca per la vitivinicoltura a Marsala stanno conducen do vinificazioni su varietà autoctone come Grillo, Nero d’Avola, Lucido, Vitrarolo e Lucignola per studiare il comportamento dei cloni già iscritti e i biotipi selezionati. «È fondamentale l’impegno per la conser vazione della biodiversità», chiosa Figlioli, «perché questo patrimonio, che collega il

passato al futuro, è un pilastro della Sicilia vinicola, capace di coniugare innovazione e rispetto delle proprie radici».

eccellenza e autenticità, che trova sempre maggiore apprezzamento tra i consumato ri più attenti e consapevoli». La reputazio ne può fare la differenza. La spinta stessa sulla biodiversità, a partire dalla valoriz zazione e salvaguardia dell’inestimabile patrimonio di vitigni autoctoni e varietà antiche, è cruciale perché la sostenibilità non sia solo una bandiera green, ma sia il viatico per una viticoltura che guarda al futuro. «Questi tesori», conclude Bursi, «raccontano la storia millenaria della viti coltura siciliana, costituiscono un poten ziale enorme per capacità di adattamento e confermano la loro importanza per il mondo del vino sull’isola».

FOCUS SOSTENIBILITÀ PER GUARDARE AL FUTURO

Se due parole chiave per il sistema-vino in Sicilia sono innovazione e ricerca, la terza è senza dubbio «sostenibilità». «La scelta di puntare sulla sostenibilità, oggi impre scindibile per ogni settore, si sta rivelando, sottolinea Giuseppe Bursi, vicepresidente del Consorzio, «una leva importante per il successo e il posizionamento della Doc Sicilia. Sia in Italia sia all’estero, il nostro impegno ha rafforzato una reputazione di

Nato nel 2012, il Consorzio oggi guarda con determinazione e visione al futuro, sviluppando progetti innovativi e sostenibili per custodire e promuovere l’inestimabile ricchezza genetica della viticoltura siciliana, un patrimonio che racconta la storia, la tradizione e il carattere unico della Sicilia (siciliadoc.wine).

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VINI, BOLLE E SPIRITI PER IL NUOVO ANNO

Percezioni liquide di Leila Salimbeni, Chiara Giovoni e Marco Tonelli

Benvenuto all’arrivo del 2025 con una selezionata rassegna di italianità e felici esotismi

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• 1. BIANCHI D’INVERNO Ha un’anima risolutamente funky Warth. E non solo per via dell’etichetta, opera di Paolo Tait in perfetto limine tra il graffito e l’illustrazione, ma anche per l’indole pronta e disinvolta, completa già ora benché col sospetto, e felice, di una longevità che è come una scommessa vinta. Ed è pieno, fin tronfio nel bel baffo di idrocarburo a impreziosire la mandorla amara, il mango verde, il fieno e le erbe officinali; e ha un calore che scalda pur restando leggerissimo, come un bel tessuto di lana vergine. Viene dalla te nuta del Maso omonimo, da un vigneto esposto a nord a 400 m s.l.m. popolato da uve di circa 20 anni, che dal suolo calcareo estraggono tutta la stentorea sapidità che ritroviamo nel sorso, sempre ammantata di una morbidezza deliziosa. Fermentazione alcolica e affinamento sulle fecce fini avvengono per il 50% della massa in vasche di acciaio inox, mentre la re stante parte in botti di rovere da 25 hl. Imbottigliato in estate e affinato per almeno un anno in bottiglia, Warth Riesling renano 2022 è un vino godibilissimo e decisamente ambizioso. Moser, mosertrento.com

• 2. IL VULTURE IN BOTTIGLIA Da vigneti di 50 anni messi a dimora nella zona di Venosa, già patria di Orazio, un vino imponente e pertinente nella nota di confet tura. Leggermente impertinente forse, ed è il suo bello, negli agrumi rossi e nell’ibisco, che la nota piccante del pepe rosa ed esotica delle spezie dolci rende piuttosto erudito. Al palato la sicura struttura non impedisce lui di issarsi in perfetto equilibrio grazie anche all’acidità che lo ravviva, irrorando un tannino molto presente ancorché leggermente polveroso. Ecco dunque, incalzate dalla nota tattile, la cipria e la terra, che però il retrolfatto accende tornando sul registro dell’agrume rosso e della ciliegia. Non solo lun ga ma anche di gusto la persistenza, per un vino importante e, allo stesso tempo, accessibile, che saprà suggellare ogni domenica d’inverno. Cantina di Venosa, cantinadivenosa.shop

• 3. CONSOLANTE ALSAZIA Un Pinot nero molto caldo, molto rosso, molto carnoso e con un frutto che più frutto non si potrebbe: nero, di mirtilli, di visciole, di inchiostro e di pellame scuro, testa di moro. Al palato è dolce ma anche sugoso e, al netto della materia densa, avvolgente e setosa, è animato da un’acidità festante ma delicata. Perfetto per scaldare questi primi giorni dell’anno e senz’altro quelli della merla, meglio se davanti al camino, meglio se con un sigaro toscano (con cui dialoga complice la sosta di 12 mesi in botti vecchie) e qualche conforto, anche dolce, da mettere sotto i denti. Molto denso, molto fruttato, quasi muscoloso, Schlegel Boeglin Pinot noir V 2020 viene dal Grand cru Vorbourg e da un vigneto di 50 anni messo a dimora su terreno sabbioso e calcareo a 250 m di altitudine: la produzione è di sole 1.500 bottiglie. L’azienda colpisce, tra le altre cose, per l’impareggiabile rapporto qualità/prezzo. Domaine Schlegel-Boeglin, schlegel-boeglin.fr

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• 4. DIECI ANNI PER L’ECCELLENZA Sorprendente e di classe, in sintesi questa è la Gran Cuvée Gold di Velenosi, metodo Classico creato nel 2005 frutto dell’intuizione di Angela Velenosi, che ha trasformato il suo amore per le bollicine in un progetto di eccellenza enologica. L’annata 2013, con 10 anni sui lieviti, è l’apice di questa ricerca: un vino elegante, capace di conquistare per complessità e finezza e il suo carattere stratificato tra elementi di fiori d’acacia e frutta esotica, ananas, salvia e ca momilla, sfumato di pan brioche. Il sorso armonioso chiude su un finale lungo e agrumato, confermando la qualità di questa inusuale bollicina marchigiana di curata fattura, che solo la determinazione e il desiderio di esplorare nuovi orizzonti di Angela Velenosi potevano rendere possibile. Spingendosi oltre i confini della consuetudine, con Gran Cuvée Gold, frutto di un lavoro appassionato e meticoloso, Angela Velenosi ha realizzato una bollicina di profondità e carattere, che bilancia il desiderio di innovare con l’istinto di non perdere il legame con le proprie radici. Velenosi vini, velenosivini.com 4

vino un equilibrio cromatico e aromati co inatteso, mentre la rifermentazione in bottiglia, con nove mesi sui lieviti, dona al Brutrosso una freschezza vivace e un finale nitido e persistente. Il vino si distin gue per la sua purezza stilistica e per la capacità di esaltare il terroir unico della Bassa modenese, e Cantina della Volta conferma il grande savoir-faire capace di proiettare il Sorbara verso una dimensio ne di eccellenza sia tecnica sia culturale. Cantina della Volta, cantinadellavolta.com

• 5. OMAGGIO DEL 700 ALLA BIODIVERSITÀ SICILIANA

racconta la biodiversità e la fragilità del territorio siciliano. Bollicina elegante e cremosa con un profilo aromatico fine e al contempo mediterraneo, tra richiami agrumati e pasticceria alla mandorla, 700 Lost Edition nasconde un piccolo segre to. Il classico logo del Leone che chiude il collarino lascia spazio a otto specie ani mali e vegetali a rischio in Sicilia, come l’aquila di Bonelli, l’asino pantesco e la ginestra dell’Etna. Grazie alla tecnologia Nfc ogni bottiglia permette di accedere col proprio smartphone alle storie di queste specie autoctone. Diego Cusu mano racconta come la scelta di usare il vino come strumento di sensibilizzazio ne ambientale sia un modo di veicolare un messaggio di grande importanza per la salvaguardia del bene più prezioso: la natura. Cusumano, cusumano.it Cantina della Volta continua a stupire con il Brutrosso, un metodo Classico che porta il Lambrusco di Sorbara ver so vette di raffinatezza mai raggiunte prima. Il 2023 segna una nuova tappa nella ricerca di Christian Bellei, chef de cave e mente dell’azienda, che con grande cura ha selezionato le uve e perfezionato ogni dettaglio in vigna e cantina. Il risultato? Un rosso rubino brillante che affascina fin dal primo sguardo. La selezione delle basi, ot tenute vinificando separatamente le uve di singole vigne, e la macerazione sulle bucce per 12 ore garantiscono al • 6. IL SORBARA CHE ROMPE GLI SCHEMI

Cosa accade quando il tempo trasforma una scoperta in un’opportunità? Cusu mano risponde con la Lost Edition: 1.100 bottiglie di Brut 700 «dimenticate» in cantina e ritrovate dopo oltre cinque anni di affinamento sui lieviti. Questo tempo inatteso ha dato vita a un metodo Classico unico, un’edizione limitata che

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• 7. TRIBUTO ALLA FAMIGLIA Omaggio all’eredità di famiglia, Villa Franciacorta ha presentato RNA, Riserva Nobile Alessandro Bianchi, millesimato 2007. Questo Franciacorta Extra Brut da uve Chardonnay (85%) e Pinot nero (15%), esprime l’apice della gamma dell’azienda situata sulle colline di Mon ticelli Brusati, caratterizzate da suoli di origine marina ricchi di minerali. La vini ficazione prevede una selezione rigorosa del mosto fiore e l’affinamento in barri que per otto mesi, seguito da una lunga maturazione di oltre 15 anni sui lieviti. Il risultato è un Franciacorta complesso e ricco di sfumature che si distingue per un perlage fine e persistente e che al palato rivela freschezza e sapidità, frutto della filosofia aziendale che vede uve di propria produzione e lieviti brevettati. Il Franciacorta RNA Villa Franciacorta è il racconto di una storia familiare, testi monianza dell’impegno nel valorizzare la biodiversità e la peculiare potenzialità del terroir, creando vini che sfidano il tempo e ne riflettono l’essenza più autentica. Villa Franciacorta, villafranciacorta.it

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• 9. SI DÀ AL CALCIO LO SPRITZ Lo spritz è diventato uno dei prodotti no strani più famosi al mondo. Altro vanto nazionale altrettanto conosciuto pratica mente ovunque è il calcio. Il Venezia Fc milita da quest’anno in Serie A. Spritz e Venezia Fc si legano a loro volta tra di loro grazie a Cynar, il liquore al carciofo nato negli anni 50 proprio grazie a un imprenditore di Mestre. La bottiglia di questa edizione limitata di Cynar richia ma esternamente i colori della maglia della squadra del Venezia Fc. All’inter no, il classico elisir dolce-amaro al car ciofo, che diventa spritz bello e pronto con l’aggiunta di Prosecco e soda. Cynar Spritz limited edition Venezia Fc, camparigroup.com

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• 8. QUANDO L’AGAVE BLU VA A RITMO DI RAP

Che in Italia si sia ancora in piena eu foria da Gin è fuori di dubbio, vista anche la lista di nuovi lanci di spirit a base ginepro. Se guardiamo tuttavia agli Stati Uniti, dove sempre tutto par te in fatto di distillati e nuovi trend, anche nel nostro Paese probabilmente esploderà su larga scala (qualcosa in verità si muove già da tempo) la te quila mania. Ultimo distillato a base di agave arrivato sul mercato italiano, ma solo per questioni cronologiche, è tequila Tequiero. Il nuovo brand ha un nome che suona davvero bene. Il motivo? Sarà perché il marchio è nato in collaborazione con Gué, artista rap con una brillante carriera sia come so lista sia in gruppo con i Club Dogo. Ri tornando sul prodotto, tequila Tequie ro è ottenuta solamente da agave blu (sono necessari otto anni perché ogni pianta giunga a corretta maturazione), cresciuta sugli altopiani di Jalisco. Dopo la fermentazione (fase di lavora zione che si può prolungare addirittu ra fino a 40 ore), la tripla distillazione avviene in un impianto a conduzione familiare. A tutto questo la versione «reposado» aggiunge una sosta in le gno di rovere per almeno nove mesi. Nasce così una tequila dal profilo gu stativo netto, dall’attacco lievemente erbaceo, che poi si distende su toni morbidi di spezie dolci e frutta rossa, senza dimenticare il finale nuovamen te morbido di caramello. Distribuito da Compagnia dei Caraibi, compagniadeicaraibi.com

• 10. CANNE DA ZUCCHERO DI FAMIGLIA DomQ ha ormai alle spalle ben sei generazioni della stessa famiglia: i Surallés. Da molti anni, dalla loro distilleria a Ponce, nel sud dell’isola di Porto Rico, escono chicche a suon di canna da zucchero. Il Gran Reserva Anejo XO, già dal nome fa capire come l’eccellenza sia l’obiettivo di questo Rum, dopo la distil lazione realizza una fase di invecchia

mento che mescola distillati invecchiati in legno fino a 12 anni, ma anche Rum ricavati da una Solera di 50 anni. Il ri sultato è sorso tostato, speziato, caldo e suadente, per non dire addirittura sexy. Distribuito in Italia da Ghilardi Selezioni, ghilardiselezioni.com

• 11. COLOR ROSA CANELA PER LA TEQUILA FUORI DAGLI SCHEMI Un’altra tequila? Certo, perché alla fine di territoriali e identitarie non ce ne sono poi così tante. Nella gamma di Miradiva, brand nato da un gruppo di amici appassionati di Messico e Agave, ce ne sono quattro, tutte quante rappresentative dell’anima più vera di Jalisco, patria delle migliori piante di agave. Oltre alle più classiche versioni Blanco, Repo sado e Anejo, Miradiva propone Rosa Canela, una versione audace e fuori dagli schemi, ma sempre rimanendo in ambito tequila. Il tocco che colora di un elegante rosa cipria il liquido è merito dell’aggiunta al prodotto già distillato di chips di rovere francese provenienti da botti che hanno ospitato pregiati vini rossi. Anche il sapore di que sta Rosa Canela viene influenzato, in positivo, da quest’aggiunta, sviluppando, all’assaggio, sfumature di piccoli frutti rossi, insieme a esotiche speziature sia dolci sia piccanti. miradivatequila.com

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È IN CÔTE DES BLANCS IL FIORE DELLA PASSIONE

Vite da Champagne di Manlio Giustiniani

Delicato e complesso, armonico e di struttura, lo Chardonnay in purezza da vecchie vigne di Diebolt-Vallois è la cuvée de prestige della Maison di Cramant, oggi condotta da Arnaud e Isabelle Diebolt, figli di Jacques, profondo conoscitore del suo terroir

D iebolt-Vallois si trova a Cramant, villaggio Grand cru della Côte des Blancs, uno dei migliori terroir del la Champagne con i suoi versanti collinari dai suoli calcarei-gessosi orientati a est, con la vetta ricoperta da boschi che hanno un ruolo ter moregolatore. Qui lo Chardonnay mostra una delle più belle espres sioni della Champagne. La Maison possiede 14,5 ettari di proprietà, di cui la maggior parte sono situati a Cramant e a Cuis, villaggio Premier cru, nella parte nord della Côte des Blancs: oggi è condotta da Arnaud e Isabelle Diebolt, figli di Jacques che cominciò a lavorare nelle vigne del nonno materno all’età di 15 anni e che si è formato all’école viticole di Avize, dunque un profondo cono scitore del suo terroir. Fu il primo a vinificare sotto il suo nome, cre ando il marchio nel 1978. In vigna vengono usati fertilizzanti biologici, utilizzano l’inerbimento tra i filari e nessun uso di pesticidi. La vinifi cazione avviene separatamente per tutte le parcelle. Questa grande co noscenza del territorio unita a una vinificazione rigorosa è certamente una delle ragioni della qualità degli Champagne Diebolt-Vallois.

• Fleur de passion 2014 Chardonnay in purezza, è la cuvée de prestige della Maison. Incarna l’elegante espressione del vitigno della Côte des Blancs, proveniente da vecchie vigne, fino a 70 anni di età, ottimamente esposte a est, sud-est, con un suolo dalla craie affiorante con una bassa resa, situate nei migliori lieux-dits di Cramant. Sette le parcelle di proprie tà: Les Buzons, Le Gros Mont, Les Fourches, Les Gouttes d’Or, Les Pimonts du Midi e du Levant, Les Rouilles. In cantina la vinificazione parcel lare del solo coeur de cuvée avviene in fût de chêne di vari passaggi da 228 litri di Mersault e Puligny Montrachet e in due piece da 205 litri, senza svolgimento della malolattica per ricercare la complessità e l’armonia e senza filtrazione per preservare l’espressione del terroir. L’élevage è durato circa sette mesi senza bâtonnage e, dopo un affinamento di otto anni sui lieviti, il dégorge ment è avvenuto nel 2023 con un dosaggio di 3 g/l con Mcr (mosto concentrato rettificato). È uno Champagne che si esprime su aromi agrumati di cedro, profumi ampi di frutta esotica con l’ananas in evidenza, affascinante bouquet di fiori bianchi ed erbe aromatiche, note speziate di cannella e curcuma, sentori di frutta secca, noci e mandorle fresche e nuance di legni orientali su uno sfondo balsamico. Al palato mostra una bella struttura, un’effervescenza fine e cremosa e una freschezza vivace. È delicato e complesso allo stesso tempo, dall’armonia incantevole e con un finale salino dalla mineralità gessosa che evidenzia una lunga persistenza ammandorlata. Champagne di grande qualità, fascino ed eleganza. diebolt-vallois.com

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Alta fedeltà

LA VITE DI PADRE IN FIGLIO A PICCOLI PASSI AL VERTICE DELLA VALPOLICELLA: L’AZIENDA DI ROMANO DAL FORNO DAGLI ESORDI ALLA CONTEMPORANEITÀ

di Leonardo Romanelli

Nella pagina a fianco, Romano Dal Forno durante la vendemmia. Qui sopra, il vigneto che si estende tutto intorno alla tenuta di famiglia di Cellore d’Illasi (Verona), dove Romano ha puntato su un approccio perfezionista e scrupoloso: in un’ottica di sostenibilità, anche del lavoro, la lotta fitosa nitaria coincide con la difesa integrata e le severe selezioni dei grappoli.

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Alta fedeltà

A scoltare un produttore come Romano Dal Forno è una bella esperienza: un’icona del vino, un uomo che si è fatto da sé, e che nel momento di massimo successo ha deciso di lasciare le redini al figlio Marco. L’azienda agricola Dal Forno Romano, così recita l’esatta deno minazione, è stata fondata nel 1983 in Val d’Illasi, quando il vignaiolo veronese decise di lasciare la cantina sociale per dedicarsi alla produ zione in proprio, puntando sulla qualità senza compromessi. Tanti elementi facevano pensare a una strada quantomeno accidentata: non c’era una storia da raccontare e la zona dove si trovavano i vigneti non era quella classica. L’inizio dell’attività è di quelli da romanzo, con la vendita del vino porta a porta, quale impegno a tempo pieno per riuscire a inventarsi un lavoro. Perché Romano, in quel periodo, aveva perso l’occasione di diventare conducente di autobus in un concorso che metteva a disposizione solo tre posti e nel quale lui era arrivato ventisettesimo: quindi c’era da inventarsi un mestiere che gli desse da vivere. A ben vedere una fortuna, perché quella di Dal Forno è oggi un’azienda in cui si coltivano 34 ettari (18 di proprietà), da cui si producono circa 50mila bottiglie annue di Valpolicella Superiore e Amarone, oltre a una piccola quantità di vino passito, Vigna Seré, ma ciò accade raramente: in tutta la storia aziendale, solo sei volte. Una produzione in cui tutti i vini vantano un incredibile equilibrio e, malgrado il grado alcolico, quello che piace è proprio la beva, quella di un sorso pieno ma godibile, con acidità bilanciata, più ampio e sontuoso nell’Amarone, senza mai essere grossolano. La tradizione della famiglia Dal Forno si intreccia con l’incontro di Romano, ventiduenne, con Giuseppe «Bepi» Quintarelli, iconi co produttore veronese: non hanno mai collaborato, ma questo incontro segnò la svolta spingendo Romano verso una viticoltu ra orientata a ottenere il massimo risultato organolettico. Situata nella località Lodoletta, l’azienda beneficia del microcli ma della zona, caratterizzata da suoli alluvionali ricchi di fossili, perfetti per la coltivazione di uve pregiate. Il territorio è ben esposto al sole e ventilato, fattori cru ciali per l’appassimento delle uve, uno dei tratti distinti vi della viticoltura veronese. Dal Forno si distingue per un approccio artigianale e rigoroso, con rese basse (500 grammi per pianta) e impianti intensivi, fino a 13mila ceppi per ettaro. La filosofia aziendale è incentrata

sull’osservazione costante del vigneto come ecosi stema, e ciò include il monitoraggio della biodi versità del suolo e della salute delle piante, fino all’analisi entomologica per verificare l’efficacia dei trattamenti contro i patogeni. L’equilibrio naturale è mantenuto senza approcci standardizzati come il biologico o il biodinamico, ma attraverso un’at tenzione meticolosa ai parametri ecologici di ogni singolo vigneto, in modo da esaltare al meglio le peculiarità della Valpolicella. Le uve utilizzate sono Corvina, Corvinone, Croatina, Rondinella e Oseleta, e proprio quest’ultima segna una differenza con le altre cantine della zona, che Romano sceglie perché portatrice di struttura e concentrazione. Le annate escono in contemporanea, quello che le distingue è la durata dell’appassimento. Oggi l’azienda è guida ta da Marco Dal Forno, affiancato sempre dal padre Romano, e prosegue un percorso di costante inno vazione senza mai tradire le radici del territorio.

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Nella pagina a fianco, dall’alto, Marco Dal Forno, figlio di Romano, e i vigneti (anche qui sotto) che giacciono nella parte più orientale della denominazione, notevolmente distanti dalla zona cosiddetta «classica». Più importante della collocazione geografica delle viti, tuttavia, è la densità di impianto: oltre die cimila ceppi per ettaro in un territorio che aveva per tradizione l’ingombrante pergola veronese. A sinistra, in basso, Amarone della Valpolicella 2010 e Val policella Superiore 2018 nella loro inconfondibile etichetta (dalfornoromano.it).

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Verso l’infinito

La prima edizione italiana de La Paulée arriva da Brunello Cucinelli, a Castello di Solomeo, nel borgo del cashmere e dell’armonia

di Leila Salimbeni

Il più grande baccanale sulla faccia della Terra

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In questa pagina, il padrone di casa, Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore illuminato che lo scorso novembre ha ospitato, in quel di Solomeo, borgo imprendi toriale ed esistenziale di famiglia, La Paulée. A fianco, l’ultima anna ta di Castello di Solomeo, il vino di Cucinelli, prodotto in 9mila botti glie e in vendita solo da Fine+Rare (frw.co.uk; brunellocucinelli.com).

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Verso l’infinito

Una festa epicurea tra grandi vini, teologia e filosofia: in questo speciale contesto è stata presentata la prima verticale di Castello di Solomeo

N on stupisce, tra avveniristici saltimbanchi e tram poliere in guêpière e luci a led, che l’evento culminante della prima edizione italiana de La Paulée (la festa borgognona di fine vendemmia) ospitata da Brunello Cucinelli sia caduta proprio in una notte di luna piena. E che luna è questa che sale, stasera, dietro al Teatro Cucinelli. Una luna superba e timida al con tempo che, sorniona, suggella l’iscrizione sulla facciata come a sottolineare che tutto è prescienza nell’uomo illuminato. Leg giamola: «Nell’amata Solomeo Brunello Cucinelli volle questo teatro dell’uomo a cospetto di quello della natura per ricordare in ogni tempo i valori eterni della bellezza e del sogno. A.D. MMVIII». Ebbene, che teatro dell’uomo e teatro della natura si combinino fino a confondersi nel vino di ogni epoca è cosa assai nota per il bevitore edotto, meno scontato, forse, il fatto che a dimostrarlo, Brunello, abbia chiamato figure di assoluto spessore, provenienti da diversi ambiti dello scibile umano. Empiricamente ci sono i produttori: da Bordeaux, una vertica le di Château d’Yquem e Saskia de Rothschild in persona con gli ultimi e più contemporanei esponenti di Château Lafite Rothschild e Domaine Lafite-Rothschild; dalla Borgogna, i mi nuziosi Volnay di Guillaume d’Angerville e i gloriosi Chevalier Montrachet e Corton Charlemagne di Louis Jadot, raccontati dalla viva voce di Pierre-Henry Gagey; poi la Champagne, con la Grande Cuvée 167 di Krug e i bei vintage 2011 e 2004 pre sentati da un vulcanico Olivier Krug, mentre c’era Cristian Rimoldi a narrare Salon 2013 oltre a più annate di Delamotte.

semplicità monastica e brama d’eternità fan parte della stessa umana medaglia purché l’uomo esista con l’unica velleità del «per sempre». Conoscendolo, poi, si capisce che non c’è con traddizione in questa combinazione di umiltà e grandezza, di understatement e megalomania, che sono proprio le forze che animano e agitano dall’interno non solo il suo mondo inte riore ma anche quello esteriore se è vero che Solomeo stessa rappresenta nient’altro che la materializzazione urbanistica di una città ideale simile a quella che già fu teorizzata nel De civitate Dei di Sant’Agostino; e così il suo vino, che dei suoi filati ha la stessa matericità piena eppur aerea, la stessa struttura flautata eppur densa tale da ricordare certi maestosi rapaci, enormi, è vero, ma iperleggeri. Li assaggiamo tutti, i primi quattro anni di Castello di Solomeo, con l’ultima annata, la 2021, in anteprima, che commentiamo alla presenza del suo enologo Riccardo Cotarella. Umbro come lui, Riccardo con Brunello condivide molte cose, la prima e più evidente è forse la capacità di «rendere visibile l’invisibile», come scrivemmo tempo addietro. Così, quando Cucinelli gli chiese di creare «un Sassicaia umbro» che del territorio di Solomeo fosse l’e stensione liquida, Cotarella se ne uscì con l’idea di un blend di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese che di questa regione tanto ambiziosa quanto anche defilata fosse la più esatta sublimazione. Così prende forma il vigneto, progettato come un giardino rinascimentale, messo a dimora fuori dalla cantina che, invero, è anche una libreria. Se ne ricavano non più di 9mila bottiglie l’anno, vendute

Da un punto di vista più speculativo, invece, ecco una rosa di personaggi che il mondo lo cambiano prima di tutto pensandolo, come per esempio padre Cassian Folsom che attua lizza l’«ora et labora» di benedettina memoria con una toccante riflessione sulla dignità, o come Marco Simonit, per cui tutto è partito da un disegno e la cui scuola di potatura è diventata filosofia di gestione, non solo del verde, con la terra a rappresentare un ele mento finalmente futuribile mediante un’ac cademia che troverà sede, pare, proprio in quel di Solomeo. E poi lui, Brunello Cucinelli, e la sua capacità di conciliare imprenditoria e umanesimo, capitalismo e filantropia, mentre

solo tramite Fine+Rare, riferimento mondiale per i collezionisti, e realizzate con lo stesso “amor che move il sole e l’altre stelle” dei vini arrivati qui oggi per gentile intercessione del carismatico fondatore de La Paulée, il som melier Daniel Johnnes. Di che cosa si tratta? Ebbene, se anzitempo La Paulée era la festa di fine vendemmia più antica e importante della Borgogna, oggi, nella sua versione iti nerante e contemporanea, è stata definita dal Financial Times «il più grande baccanale sulla faccia della Terra». Ed è così che la viviamo noi di Spirito diVino , che con lei condividia mo lo squisito gusto di trovarci sempre in perfetto limine tra il sacro e il profano.

Nella pagina a fianco, in alto da sini stra, scene di festa davanti a Teatro Cucinelli e Castello di Solomeo 2018 2021; al centro, una veduta dei vigne ti; in basso, Château d’Yquem 1988, Volnay Premier cru Clos des Ducs 2017 Marquis d’Angerville, Château Cheval Blanc 1986, Château Lafite Rothschild 1988 (doppia magnum), Castello di Solomeo (Mathusalem), Champagne Delamotte Brut Nn, Chevalier-Montrachet Les Demoisel les 2010 (jéroboam) di Louis Jadot, Salon 2013 e Krug Rosé 21ème (ma gnum); uno degli interni del borgo.

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Cover story

ALL’INDOMANI DELL’ACQUISIZIONE DELLE QUOTE DELL’INTERA SOCIETÀ, ABBIAMO INTERVISTATO GRÉGOIRE DESFORGES, TERZA GENERAZIONE ALLA GUIDA DI BAGLIO DI PIANETTO

I VIGNETI DEL DESTINO di Chiara Giovoni

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Sotto, l’ombra di Grégoire Desforges proiettata sul la botte dalla luce naturale della cantina verticale di Baglio di Pianetto che, da tempo, ha a cuore la sostenibilità: grazie a un impianto fotovoltaico da 256,6 kWp e all’utilizzo dell’energia geotermica, l’azienda ha ridotto drasticamente il proprio con sumo energetico, risparmiando oltre 844mila kg di Tep (tonnellate equivalenti petrolio) in 13 anni. A fianco, l’anfiteatro montuoso tra Santa Cristina Gela e Piana degli Albanesi, un mosaico di biodiversità. I vigneti, costantemente accarezzati dal vento, sono sottoposti a un’elevata escursione termica fra il giorno e la notte e crescono in un terreno argilloso straordinariamente ricco di minerali, condizioni ide ali per ottenere vini con un corredo aromatico unico.

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Baglio di Pianetto produce la linea ViaFrancia, che traduce il territorio pluralmente, e la linea In Purez za, il cui compito è quello di esaltare l’espressione di ogni singolo vitigno in relazione con l’identità delle alture di ogni singola Contrada. È il caso del Catarratto, ritratto in questa foto: espressione au tentica del vitigno autoctono, questa bottiglia è ca ratterizzata da un’animosa complessità e peculia rissima sapidità figlia dei terreni posti a 750 metri s.l.m. d’altitudine. Della stessa linea il Viognier, l’In solia, il Grillo, il Syrah, il Nero d’Avola e il Frappato. Nella pagina a fianco, istantanee dalla vendemmia; al centro, da sinistra, l’enologa della cantina Gra ziana Grassini, l’amministratore delegato di Baglio di Pianetto Dante Bonacina e Grégoire Desforges.

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Cover story

L ’alba accarezza i vigneti di Ba glio di Pianetto come un pen nello delicato. Grégoire Desfor ges osserva il paesaggio che ha formato la sua identità: un ter ritorio sospeso tra cielo e terra, dove la Sicilia mostra il suo volto più autentico e misterioso. A 900 metri sul livello del mare, ogni filare racconta una storia di passione e ostinazione tra Santa Cristi na Gela e Piana degli Albanesi, dove i vigneti sono un patrimonio familiare tra mandato attraverso tre generazioni. Suo nonno Paolo, un visionario italiano, e sua nonna Florence, una francese inna morata di questi luoghi, hanno gettato i semi di un sogno che oggi Grégoire porta avanti con determinazione. Grégoire Desforges rappresenta la terza generazione della famiglia Marzotto alla guida di Baglio di Pianetto, un progetto enologico che non è soltanto un’eredità aziendale ma un dialogo continuo tra passato e presente, tra legame con la storia e anticipazione del futuro. Dopo aver vissuto in grandi città del mondo, Grégoire ha scelto di stabilirsi nelle vi gne di Santa Cristina Gela in un casale che sta ristrutturando per farne la sua dimora, una scelta che riflette la volontà di riconnettersi con la natura e con le radici profonde del progetto familiare: «Ho voglia di natura e serenità. Con trada Pianetto diventerà il mio porto sicuro, ma il dinamismo internazionale resterà un asset prezioso per lo sviluppo del brand nel mondo». C resciuto tra le tradizioni francesi e quelle italiane, Grégoire sta por tando avanti una trasformazione aziendale che intreccia rispetto per la tradizione dei luoghi e contemporaneità dei vini, con un approccio moderno che riflette la sua formazione cosmopolita. «Il progetto di Baglio di Pianetto è nato dall’amore di mio nonno, italiano, e mia nonna, francese. Il connubio tra la visio ne italiana e quella francese è il cuore della nostra filosofia produttiva, capace di cogliere l’unicità delle nostre terre», racconta. E continua: «La Sicilia è la re gione con la più ampia biodiversità d’Eu ropa: il nostro valore come meta turistica e regione enogastronomica è un patri monio immenso di cui giova, alla fine,

il vino stesso. Un esempio? Il Viognier, introdotto in Sicilia dal nonno, un’intu izione che oggi rappresenta uno dei trat ti distintivi dell’azienda. E oggi nel mio impegno per rivalutare il rosé, un vino fresco ed elegante, elemento chiave del la linea ViaFrancia, simbolo della nostra storia familiare». L’attenzione al terroir è un elemento centrale per Grégoire, che abbraccia una visione ampia e co munitaria: «Il terroir non è solo terreno e clima, ma anche comunità. Il mercato oggi premia progetti autentici come il «VOGLIAMO ESSERE GLI INTERPRETI DELLE NOSTRE UVE»: È QUESTO L’IMPERATIVO DI GRÉGOIRE DESFORGES CHE ESTENDE LE SUE VIGNE D’ALTURA SU 106 ETTARI VITATI, 13 VITIGNI E BEN 26 °C DI ESCURSIONE TERMICA nostro». Consapevole delle sfide stori che dell’azienda, Grégoire ha operato un netto cambio di direzione strategica fin dal suo ingresso, acquisendo la mag gioranza delle quote per garantire con tinuità e la valorizzazione delle risorse. I nsieme a Dante Bonacina, esperto nel mondo del vino, al suo fianco come amministratore delegato, Grégoire sta definendo un piano industriale che affronta le sfide del mercato e si basa su vigneti biologici d’altura, certificati dal 2011 e recentemente Esg (Environmen tal, social and governance). Questo im pegno verso la sostenibilità non è una

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