Investire - Febbraio 2024
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LE RICETTE NEO-LIBERISTE DI MILEI, UN FILM GIÀ VISTO IN ARGENTINA
L e ricette economiche neo-liberiste piac ciono ai mercati finanziari e agli elettori di mezzo mondo. In Argentina Javier Milei ha vinto le elezioni, con un programma di smantellamento dello Stato (in un Paese in cui il tasso di povertà è arrivato al 40 per cento) e di “dollarizzazione” dell’economia; Donald Trump è stato in pratica incoronato al summit di Davos, dove un gruppo ristretto di milionari si incontra per essere rassicurato da altri milionari sulla possibilità di poter un giorno contare la loro fortuna in ettari cubici, come lo zio Paperone, anziché in volgari dollari. Non meno preoccupante è la crescita in Germania del partito di ultra-destra AfD (Allianz für Deutschland) il cui leader ha dichiarato il suo favore (condiviso da quasi la metà del suo eletto rato) ad abbandonare l’Europa, come ha fatto nel 2016 il Regno Unito. Wall Street non sembra preoccuparsi più di tanto e prosegue, anche se con qualche altalena, il trend rialzista che ormai dura da quasi quattro anni: il livello attuale supera del 79 per cento quello di maggio 2020. Idem per il mercato obbligazionario: gli spread sul debito pubblico dei paesi europei periferici sono ai minimi storici, persino quello della Grecia, che oggi è inferiore a quello italiano. Eppure l’andamento economico generale è tutt’altro che smagliante e venti di guerra soffiano dall’Europa al Medio Oriente. La Banca Mondiale ha appena pubblicato un rapporto sulla crescita globale che prevede per i prossimi cinque
propongono ricette tanto semplici in apparenza, quanto sbagliate in punto di teoria economica. E infatti puntualmente fallimentari una volta che sono state applicate. Prendiamo l’Argentina . La “dollarizzazione” dell’economia è stata già tentata negli anni ‘90 con risultati disastrosi. Un risultato che non ha sorpre so gli economisti più attenti. Il Paese si era privato della possibilità di condurre una politica monetaria autonoma e soprattutto ha più rapporti commercia li con Cina ed Europa che con gli Stati Uniti. Quan do il dollaro si apprezzò rispetto alle altre monete per motivi del tutto estranei all’andamento dell’e conomia argentina, il Paese sudamericano si trovò a fronteggiare una caduta della competitività delle sue merci e un aumento dei prezzi all’importazio ne. Il risultato fu una crisi gravissima che all’inizio di questo secolo portò a un default mascherato: i de biti in dollari vennero trasformati in debiti in pesos, ovviamente al valore nominale, quindi con perdite consistenti per i creditori. Come diceva George Bernard Shaw , per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice. Invariabilmente sbagliata. Lo stesso vale per l’uscita dall’euro, altro slogan ricorrente anche in Italia e che il leader di AfD ha sostenu to addirittura in una recente intervista al Financial Times. Sorprende però che questa ricetta trovi proseliti nel partito tedesco di estrema destra, in continua crescita negli ultimi anni. Evidentemente l’esperienza britannica non ha insegnato nul la. Anche lì il governo conservatore aveva sostenuto che l’uscita dall’euro avrebbe risolto come per incanto i problemi strut turali del Paese, sulla base di teorie eco nomiche d’accatto.
Marco Onado
È professore senior di Economia degli intermediari finanziari nella Università Boc coni di Milano. È stato Commissario Consob. Collabora con “Il Sole 24Ore”, “Lavoce.info” e “voxeu.org”.
anni il più basso incremento degli ultimi tre decenni: complessivamente, rischiamo una “wasted decade” che avrà ovvie ripercussioni soprattutto per i Paesi più deboli. È necessaria una svolta nelle politiche
economiche di mezzo mondo, eppure le ele zioni le vinco no o rischiano di vincerle per sonaggi che
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ASSET MANAGEMENT Nella foto, il presidente argentino Javier Milei
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febbraio 2024
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